– Direttiva case green, L’Italia è pronta?

Agosto 23, 2024by Lina Salvia
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DI COSA PARLA LA DIRETTIVA EUROPEA?

I nuovi edifici dovranno avere emissioni zero e gli edifici già esistenti dovranno migliorare l’efficienza energetica per ridurre il consumo di energia. Queste sono solo due delle novità previste della direttiva sulle case green, recentemente approvata dal Parlamento europeo e ora al vaglio del Consiglio. Vediamo cosa prevede in termini di costi nel dettaglio la nuova normativa nata per migliorare l’efficienza energetica degli edifici pubblici e privati.

Quali sono i costi della direttiva sulle case green? 

Il Parlamento europeo e poi l’Ecofin hanno dato il via libera alla Energy performance of buildings directive. Sul tema sono arrivate ora le cifre emerse da uno studio reso noto da Deloitte. Si parla di un conto compreso tra gli 800 e i mille miliardi di euro, riducendo di almeno il 20% i consumi di energia entro il 2035. Si tratterebbe di circa quattro Pnrr.

Dopo l’approvazione di Parlamento europeo  è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue lo scorso 8 maggio ed entrerà in vigore quindi il 28 maggio. Il provvedimento prevede l’adozione da parte dei governi europei di misure volte a migliorare l’efficienza energetica degli edifici con l’obiettivo di abbattere i consumi energetici.

Nello specifico:

  • per gli edifici residenziali non di nuova costruzione, i Paesi Membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035;
  • per gli edifici non residenziali, gli Stati Membri dovranno ristrutturare il 16% degli immobili con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi nazionali di prestazione energetica da rispettare per tutto il settore dell’edilizia;
  • i nuovi edifici residenziali dovranno essere a zero emissioni dal 2030;
  • mentre i nuovi edifici non residenziali dovranno essere a zero emissioni dal 2028.

I dati di Deloitte Italia

Secondo lo studio condotto sui dati Istat, nel 2024 l’immobiliare del nostro Paese è costituito da più di 13 milioni di edifici, di cui la percentuale di immobili in classe energetica F e G è pari al 63%. Si tratta di una percentuale maggiore rispetto a quella di altri Paesi, come ad esempio quella di Germania (45%), Spagna (25%) e Francia (21%). l’Italia è portata ad avere un conto più elevato per attuare la direttiva europea sulle case green. Per l’esattezza, secondo Deloitte, si parla di un conto che va dagli 800 a 1.000 miliardi di euro.

Nel patrimonio complessivo immobiliare italiano oltre l’83% degli edifici residenziali risulta costruito prima del 1990, oltre il 57% risale a prima degli Anni ’70 e solo il 3% del nostro patrimonio residenziale è realizzato dopo il 2011.

Gli obiettivi posti dalla direttiva europea sulle case green prevedono che i piani di ristrutturazione elaborati e messi poi in atto dai Paesi membri riguardino per almeno il 55% la quota di edifici con le performance peggiori. Ne consegue che gli obiettivi non potranno essere raggiunti solo con la realizzazione di nuovi immobili, dovranno essere efficientati quelli più vecchi e meno performanti.

I dati emersi sono stati commentati dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, che descrive: “Secondo un’analisi di Deloitte, per attuare in Italia la direttiva europea sul rendere Green ed efficienti in termini di emissioni gli immobili servirebbero tra gli 800 e i 1.000 miliardi di euro. Ci sarebbe da ridere, se non si trattasse di una cosa maledettamente seria.

Parliamo di cifre completamente fuori da ogni logica, che dovrebbero far riflettere tutti coloro che hanno appoggiato questo provvedimento.

La nuova legislatura europea dovrà essere quella che sostituisce al fanatismo il buon senso e alla libertà economica, chiudendo finalmente la porta in faccia alle lobby che premono ogni giorno per arricchirsi sulla pelle dei proprietari di casa. E il primo atto dovrà essere quello di fare tabula rasa della direttiva case green che, pur modificata, rimane irricevibile”.

Fonti: Deloitte Italia, idealista, Confcommercio

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